I. Introduzione.
In un precedente contributo si è dato conto delle problematiche giuridiche connesse con l’utilizzo, da parte del Servizio Sanitario Nazionale, dei farmaci equivalenti di medicinali tradizionali basati su sintesi chimica. In tale sede si è tracciata una distinzione tra i medicinali di riferimento, cd. originator, cioè farmaci già autorizzati e in commercio il cui brevetto sia scaduto, e farmaci equivalenti, basati sullo stesso principio attivo dei primi, i quali possono essere prodotti e commercializzati dalle case farmaceutiche al momento della scadenza del brevetto dell’originator.
Un simile parallelismo – seppur con delle rilevanti differenze, di cui si dirà – si ravvisa anche nel campo dei farmaci biologici, nel quale è possibile distinguere tra farmaci biologici o biotecnologici di riferimento, e corrispondenti farmaci “biosimilari”.
I farmaci biologici costituiscono un tipo di trattamento medico caratterizzato da forte innovatività, utilizzato per la cura o prevenzione di patologie come malattie infiammatorie, autoimmuni, neurologiche e degenerative, insufficienza renale cronica, tumori, ecc .
Nonostante tali tecnologie siano di introduzione piuttosto recente, grazie ai costanti progressi nel campo delle biotecnologie, la gran parte dei farmaci biologici di prima generazione si sta avvicinando alla data di scadenza della copertura , che ai sensi dell’art. 10 della Direttiva 2001/83/CE, si verifica una volta decorsi dieci anni dalla data della prima autorizzazione di immissione al commercio (AIC).
La perdita della copertura brevettuale dei farmaci biologici di riferimento, quindi, permette l’entrata sulla scena terapeutica dei farmaci “biosimilari”, ad essi “simili” per qualità, sicurezza ed efficacia . Ciò può, in alcuni casi, determinare un grado di interscambiabilità tale da permettere che le procedure di gara per il loro acquisto da parte del SSN siano strutturate in modo da mettere in concorrenza fra loro l’originator ed il biosimilare.
Nel senso dell’ammissibilità di tale concorrenza, dopo una serie di incertezze iniziali, sono pervenuti, anche sulla scorta di indicazioni fornite dall’Autorità garante della Concorrenza e del mercato, i più recenti arresti della giurisprudenza amministrativa (infra, § VI), purché siano previste idonee garanzie tali da assicurare, non solo la libertà di prescrizione del medico – con possibilità per quest’ultimo di prescrivere, con adeguata motivazione, ai pazienti cd “naive” (ovvero i pazienti di nuova diagnosi che si sottopongono per la prima volta alla cura mediante medicinale biologico o biosimilare) anche il medicinale risultato più costoso all’esito della gara – ma, soprattutto, tali da assicurare la continuità terapeutica ai pazienti già in cura .
Non a caso, “proprio perché i medicinali biologici di riferimento ed i biosimilari sono medicinali simili ma non identici, l’AIFA ha deciso di non includere i biosimilari nelle liste di trasparenza che consentono la sostituibilità automatica tra prodotti equivalenti ai sensi dell’art. 7 del D.L. n. 347 del 2001, tutto ciò in quadro normativo connotato da cautele che escludono per i medicinali biologici l’applicabilità di meccanismi di sostituzione, switch e intercambiabilità, incidendo sui criteri di strutturazione dei lotti di gara e, di riflesso, sulla concorrenza tra imprese” .
La produzione di farmaci biologici avviene infatti attraverso processi biologici o biotecnologie, che muovono da substrati cellulari (e dunque da una fonte biologica), e che danno vita a molecole più grandi e più complesse di quelle dei prodotti non biologici .
Per tali ragioni, i farmaci biologici, diversamente da quelli di origine chimica, presentano la peculiarità di non essere mai del tutto identici (addirittura fra diversi lotti dello stesso prodotto), a causa della “variabilità intrinseca delle molecole e della complessità dei processi di produzione” .
In altre parole, mentre il farmaco equivalente è la riproduzione fedele del farmaco di riferimento, nel caso del farmaco biosimilare “la non identicità è caratteristica intrinseca di qualsiasi lotto di un farmaco biologico” .
Non a caso, tale differenza viene in rilievo anche sul piano terminologico, dal momento che in questo ambito non si parla di equivalenza terapeutica, bensì, a ben vedere, di mera “similarità”.
II. Struttura e composizione del farmaco biologico. Cenni e conseguenze giuridiche.
I medicinali biologici, secondo la definizione dell’European Medical Agency, sono “farmaci il cui principio attivo è rappresentato da una sostanza prodotta o estratta da un sistema biologico; alcune di queste sostanze attive possono essere già presenti nell’organismo umano, come l’insulina, l’ormone della crescita e l’eritropoietina. Appartengono alla categoria dei farmaci biologici ormoni ed enzimi, emoderivati e medicinali immunologici come sieri e vaccini, immunoglobuline ed allergeni, e anticorpi monoclonali” .
Vengono ricompresi nella categoria dei medicinali biologici anche i farmaci cd. biotecnologici, che sono prodotti con procedimenti di biotecnologia, quali le tecnologie da DNA ricombinante, l’espressione controllata di geni portatori di codici per proteine biologicamente attive nei procarioti e negli eucarioti, comprese cellule trasformate di mammiferi, nonché i metodi a base di 43 ibridomi e di anticorpi monoclonali .
Proprio perché il principio attivo su cui si basano è costituito da molecole complesse – estratte da fonti viventi, oppure prodotte utilizzando microrganismi modificati mediante l’ingegneria genetica – che sono soggette alla normale variabilità naturale, e che perciò permettono di ottenere sostanze non sintetizzabili normalmente in laboratorio , i farmaci biosimilari costituiscono quindi una “nuova versione” del farmaco biologico di riferimento. Si è così affermato come il processo di produzione di tali farmaci sia talmente caratterizzante che “il prodotto è il processo di produzione”.
Tutto quanto premesso contribuisce quindi a determinare l’unicità del prodotto, rendendo la non identicità “caratteristica intrinseca di qualsiasi lotto di un farmaco biologico” .
In ciò dunque, come si è detto, consiste la peculiarità dei farmaci biosimilari rispetto ai farmaci equivalenti, i quali sono, dal canto loro, la riproduzione fedele del proprio farmaco di riferimento, poiché la molecola che in essi viene riprodotta è il risultato di processi di sintesi chimica farmaceutica tradizionale, che risulta perfettamente riproducibile in laboratori diversi .
Da tale premessa discendono una serie di considerazioni meritevoli di attenzione:
i) dal punto di vista del diritto alla salute del singolo paziente, e della necessità di un opportuno contemperamento con le esigenze di contenimento della spesa pubblica, la non identicità di tali prodotti rispetto al biologico di riferimento impone l’esigenza di garantire il diritto alla continuità nelle cure ai pazienti già sottoposti a terapia;
ii) con riguardo alla tutela brevettuale del farmaco di riferimento, la circostanza che il biosimilare non necessiti (e, per le ragioni di cui si è dato conto, nella maggior parte dei casi non sia in grado) di essere identico al suo originator, è in astratto ipotizzabile che il brevetto che copre il prodotto di riferimento non copra il biosimilare ;
iii) infine, con riferimento alla strutturazione pratica dei lotti nelle procedure di gara di acquisto tra farmaci basati sullo stesso principio attivo, la non identicità dei farmaci in questione rende centrale la questione dell’individuazione dell’oggetto dei contratti di fornitura; in altre parole, se sia possibile porre in gara lotti che comprendano tanto il biologico di riferimento quanto il biosimilare .
III. Quadro normativo.
Tecnicamente, con il termine “biosimilare” ci si riferisce ad un tipo di farmaco autorizzato all’esito di un’apposita procedura di registrazione, simile ad un prodotto biologico di riferimento già autorizzato per il quale sia scaduta la copertura brevettuale . Tale rapporto di biosimilarità, ai sensi dell’art. 15 comma 11 quater, D.L. n. 95 del 2012, “sussiste solo ove accertato dalla European Medicine Agency (EMA) o dall’Agenzia italiana del farmaco, tenuto conto delle rispettive competenze”, con il che il legislatore ha inteso escluderne la automatica interscambiabilità.
Il concetto di “medicinale biologico simile” è stato introdotto nell’ordinamento comunitario dalla Direttiva 2001/83/UE, che all’articolo 10 ne dà una definizione implicita, recepita in Italia all’art. 10, comma 7, del D.lgs. n. 219 del 2006, nei seguenti termini:
“Quando un medicinale biologico simile a un medicinale biologico di riferimento non soddisfa le condizioni della definizione di medicinale generico a causa, in particolare, di differenze attinenti alle materie prime o di differenze nei processi di produzione del medicinale biologico e del medicinale biologico di riferimento, il richiedente è tenuto a fornire i risultati delle appropriate prove precliniche o delle sperimentazioni cliniche relative a dette condizioni. I dati supplementari da fornire soddisfano i criteri pertinenti di cui all’allegato tecnico sulla domanda di AIC e le relative linee guida. Non è necessario fornire i risultati delle altre prove e sperimentazioni contenuti nel dossier del medicinale di riferimento. Se i risultati presentati non sono ritenuti sufficienti a garantire l’equivalenza del biogenerico o biosimilare con il medicinale biologico di riferimento è presentata una domanda nel rispetto di tutti i requisiti previsti dall’articolo 8”.
Nel 2012, mediante un pronunciamento ufficiale, l’AIFA aveva escluso la possibilità di sostituzione automatica tra biosimilare e farmaco di riferimento, lasciando al medico la responsabilità di valutare, caso per caso, l’opportunità di passare dall’uso di un farmaco biologico di riferimento ad un biosimilare . La posizione dell’AIFA con riferimento ai pazienti naive era invece più neutrale, nulla ostando, in astratto, all’adozione di partenza di un farmaco biosimilare .
Tale posizione è stata recepita dal legislatore con la legge di bilancio 2017, mediante l’introduzione del comma 11 quater dell’art. 15, D.L. n. 95 del 2012. A mente di tale disposizione, infatti “non è consentita la sostituibilità automatica tra farmaco biologico di riferimento e un suo biosimilare né tra biosimilari. […] Il medico è comunque libero di prescrivere il farmaco […] ritenuto idoneo a garantire la continuità terapeutica ai pazienti”.
La stessa norma dispone poi, con riferimento alle procedure pubbliche di acquisto di farmaci biosimilari, come non si possano porre in gara nel medesimo lotto farmaci basati su princìpi attivi differenti, anche se aventi le stesse indicazioni terapeutiche.
È evidente come le citate disposizioni siano suscettibili di incidere significativamente sul regime di libera concorrenza che si può determinare tra le imprese farmaceutiche operanti nel mercato, con considerevoli risvolti nelle dinamiche di determinazione del prezzo dei rispettivi farmaci. Il titolare di AIC del farmaco biologico di riferimento può, in effetti, trovarsi ad operare in regime di monopolio di fatto con riferimento ad un determinato principio attivo, situazione che, in assenza di misure tese ad impedirne effetti distorsivi, comporterebbe il rischio di una incontrollata politica dei prezzi da parte delle imprese farmaceutiche operanti nel mercato.
Il legislatore ha inteso arginare tale rischio mediante l’introduzione, con il Decreto Enti Territoriali del 2015, di un correttivo normativo, a mente del quale “Alla scadenza del brevetto sul principio attivo di un medicinale biotecnologico e in assenza dell’avvio di una concomitante procedura di contrattazione del prezzo relativa ad un medicinale biosimilare o terapeuticamente assimilabile, l’[AIFA] avvia una nuova procedura di contrattazione del prezzo […] con il titolare dell’autorizzazione in commercio del medesimo medicinale biotecnologico al fine di ridurre il prezzo di rimborso da parte del Servizio sanitario nazionale .
In altre parole, decorso il periodo di esclusiva per il titolare di AIC, quest’ultimo è in tal modo posto in condizione di rinegoziare il prezzo del rimborso dei farmaci da parte del Servizio Sanitario Nazionale, a prescindere dalla circostanza che per lo stesso principio attivo siano presenti o meno concorrenti farmaci biosimilari.
In attuazione del decreto, il 25 settembre 2015 l’AIFA ha emanato la Determina n. 1252/2015 (“Rinegoziazione del prezzo di rimborso dei medicinali biotecnologici” ), con cui ha approvato l’elenco – comprensivo di numero di AIC, principio attivo e titolare di AIC – dei medicinali biotecnologici oggetto della rinegoziazione.
IV. Richiesta di AIC.
La particolare difficoltà di caratterizzazione e riproduzione dei farmaci biologici, al punto che alcune differenze possono sussistere tra diversi lotti di uno stesso prodotto, determina prescrizioni specifiche sulla caratterizzazione del controllo di qualità e sicurezza. Come specificato dall’AIFA, per la registrazione di tali farmaci “oltre agli esami fisico-chimico-biologici e la descrizione dettagliata del processo di produzione”, sono infatti richieste “anche informazioni sul potenziale immunogenico e sui problemi di sicurezza che da questo possono derivare” .
Pertanto, la documentazione necessaria per l’AIC di un prodotto biosimilare differisce da quella richiesta con riferimento ai farmaci equivalenti, per i quali, oltre ai dati completi sulla qualità del prodotto, è generalmente sufficiente presentare i risultati degli studi di bioequivalenza .
In particolare, si richiede che il programma di ricerca e sviluppo dimostri “la ‘biosimilarità’ intesa come la comparabilità tra il biosimilare ed il suo prodotto di riferimento, attraverso ‘l’esercizio di comparabilità’, ovvero l’insieme di una serie di procedure di confronto graduale (stepwise) che inizia con gli studi di qualità (comparabilità fisico-chimiche e biologiche) e prosegue con la valutazione della comparabilità non-clinica (studi non clinici comparativi) e clinica (studi clinici comparativi) per la valutazione dell’efficacia e della sicurezza. Tali studi includono la valutazione dell’immunogenicità sia in fase pre-clinica che clinica. L’obiettivo primario dell’esercizio di comparabilità è la dimostrazione della similarità (similarity throughout), attraverso studi disegnati in modo tale da individuare le eventuali differenze di qualità tra il biosimilare e il prodotto di riferimento e assicurare che queste non si traducano in differenze cliniche rilevanti in termini di sicurezza ed efficacia tra i due prodotti” .
Il farmaco biosimilare viene approvato quando è stato dimostrato che la variabilità naturale ed eventuali differenze rispetto al medicinale di riferimento non influiscono sulla sicurezza o sull’efficacia” .
V. I termini del bilanciamento tra i valori costituzionali in gioco.
Da quanto esposto finora si comprendono le ragioni per cui le particolari caratteristiche dei farmaci biologici abbiano comportato una tutela rafforzata, rispetto ai farmaci tradizionali, del diritto alla salute dei pazienti e della libertà prescrizionale del medico, nel loro bilanciamento con il principio dell’economicità della spesa amministrativa.
Nonostante, infatti, il contenimento della spesa pubblica rivesta particolare importanza nel settore farmaceutico – producendo effetti benefici non solo nella prospettiva della sostenibilità della spesa sanitaria, ma anche sotto il profilo della possibilità di erogare un maggiore volume di assistenza a parità di spesa – le caratteristiche dei farmaci in questione si riflettono sul loro impiego, imponendo la necessità di salvaguardare la qualità ed appropriatezza degli acquisti pubblici, rispetto all’atteggiarsi dei bisogni da soddisfare . I farmaci biosimilari, come si è detto, non figurano infatti nelle liste di trasparenza di AIFA (le quali, come si ricorderà, indicano i casi di sostituibilità automatica tra originator e farmaco generico).
In particolare, ne discende che tanto i pazienti originariamente trattati con il biologico di riferimento, quanto coloro che siano stati sottoposti dall’inizio a terapia mediante biosimilare, debbano generalmente seguitare ad essere trattati con lo stesso farmaco per tutta la costanza del trattamento.
Ciò può determinare la necessità di riservare una quota di spesa pubblica a favore dei pazienti che necessitino del farmaco risultato più costoso all’esito della procedura di gara, circostanza che può verificarsi anche con riferimento ai pazienti naive, purché in presenza di motivata prescrizione del medico.
Un’ulteriore contrapposizione che viene in essere nel campo dei farmaci biosimilari è quella tra la libertà prescrizionale dei medici e la libertà di impresa delle imprese farmaceutiche. Il problema è stato posto da alcuni commentatori nei seguenti termini: “se siano i medici a dover utilizzare i farmaci approvvigionati dai buyers pubblici o se viceversa siano questi ultimi a dover approvvigionare i prodotti richiesti dai medici” .
La questione è di non poco momento. Se si optasse per una tutela incondizionata per la libertà prescrizionale dei medici, ne deriverebbe infatti il rischio di una sistematica impraticabilità di una reale gara per l’acquisto dei farmaci biosimilari. Così come già accade con riferimento ai farmaci coperti da brevetto, i farmaci verrebbero in tal modo acquistati tramite procedure negoziate dirette per l’unicità del fornitore, ovvero attraverso “gare solo ‘apparenti’, realizzate tramite l’inserimento di ciascun farmaco in un distinto lotto, nel quale il rispettivo produttore si troverebbe ad essere l’unico potenziale offerente” .
VI. La posizione della giurisprudenza.
A fronte della contrapposizione fra i suesposti principi, la giurisprudenza ha inteso operare un equilibrato bilanciamento tra la tutela della salute dei pazienti, che impone l’esigenza di tenere nella dovuta considerazione i profili di differenziazione tra farmaci biologici e biosimilari, e l’obiettivo di rafforzare la concorrenza nel mercato farmaceutico, in un contesto caratterizzato dalla limitatezza delle risorse finanziarie pubbliche .
Così, ad esempio, in un arresto del 2016, il Consiglio di Stato ha stabilito come sia legittimo perseguire con le gare un “adeguato punto di equilibrio tra tutela della concorrenza e nel contempo dell’interesse pubblico ad approvvigionarsi di farmaci contenenti un dato principio attivo al miglior prezzo disponibile, e la tutela del diritto alla salute, declinato nella garanzia della continuità terapeutica e della possibilità di accedere comunque ai farmaci dimostratisi i più adatti” .
Nella stessa decisione, i Giudici di Palazzo Spada specificano tuttavia come sia necessaria la “previsione della possibilità di rifornirsi extra gara di eventuali farmaci diversi da quelli forniti dall’aggiudicatario di ogni lotto, stabilendo che i partecipanti al SDA ed alle gare [siano] vincolati al prezzo offerto per gli acquisiti extra gara necessari per sopperire a tali speciali esigenze” .
Allo stesso tempo, in una recente sentenza il TAR Toscana ha stabilito che “risulta illegittima, con riferimento ai farmaci biologici, la previsione di un meccanismo autorizzatorio che àncora l’acquisto in deroga di farmaco biologico non aggiudicato, non già alla valutazione medica di appropriatezza di cura e di garanzia della continuità terapeutica, bensì esclusivamente a valutazione di carattere economico” .
La rilevanza della libertà prescrittiva del medico era già stata ribadita dal Giudice Amministrativo della regione Toscana in una decisione del 2017, nella quale si enunciava come “I biosimilari, per i quali non è possibile formulare in giudizio scientifico di piena equivalenza, non possono essere inseriti nelle liste di trasparenza, dovendo essere il medico specialista prescrittore, in quanto responsabile ultimo della salute del paziente, a stabilire caso per caso quale sia la scelta terapeutica più efficace” .
Si segnala infine come, prima della riforma operata con la Legge di Bilancio 2017 – la quale, come riferito supra, § III, ha esplicitamente sancito l’impossibilità di porre in gara nel medesimo lotto farmaci basati su princìpi attivi differenti, anche se aventi le stesse indicazioni terapeutiche – alcuni commentatori considerassero applicabile ai farmaci biologici il principio, enunciato dalla giurisprudenza amministrativa con riferimento ai farmaci equivalenti, che considera di per sé non antigiuridici i provvedimenti amministrativi basati sulla ritenuta equivalenza terapeutica fra medicinali contenenti diversi principi attivi, purché essi fossero assunti sulla base di specifiche valutazioni in tal senso da parte di AIFA, titolare esclusiva, ai sensi dell’art 15 comma 11 del D.L. n. 95 del 2012, in virtù dell’esigenza di uniformità a livello nazionale, del potere di stabilire l’equivalenza terapeutica . Tale interpretazione, a fronte dell’intervento chiarificatore del legislatore, deve pertanto ritenersi superata.
Dott.ssa Valentina Di Marco
(con la supervisione dell’Avv. Luciano Barbuto)
Per la redazione dell’articolo sono stati utilizzati i seguenti materiali:
- “Second Position Paper AIFA sui Farmaci Biosimilari”, p. 6, disponibile al seguente link http://www.agenziafarmaco.gov.it/sites/default/files/2_Position-Paper-AIFA-Farmaci-Biosimilari.pdf.
- Camera dei Deputati, Temi dell’attività parlamentare della XVII legislatura, “I farmaci biologici e biosimilari”, disponibile al link https://temi.camera.it/leg17/post/i_farmaci_biotecnologici.
- G. Taccogna, Le procedure di gara per l’acquisto dei farmaci biologici e biosimilari da parte del Servizio Sanitario nazionale, in Urbanistica e appalti, n. 5, 2017, p 630.
- T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, Sent. 21 marzo 2019, n. 400.
- M. E. Mauro, I biosimilari tra profili brevettuali e regolatori, in Il diritto industriale, n. 2, 2016, p. 2.
- Camera dei Deputati, cit., che cita Doc. Ref. EMEA/74562/2006 Rev1, disponibile al link https://www.ema.europa.eu/en/documents/presentation/presentation-session-identification-traceability-biological-products_en.pdf.
- Karson KL., “Nature Biotecnol”, 2005.
- “Questions and Answers on biosimilar medicines”, EMA/837805/2011 del 27 settembre 2012.
- F. Massimino, Farmaci biologici e biosimilari e tutela della salute e della concorrenza, in Il diritto industriale, n. 4, 2012, p 328.
- Cons. Stato, Sez. III, Sent. 5 dicembre 2016, n. 5113.
- T.A.R. Toscana Firenze, Sez. II, Sent. 21 marzo 2019, n. 400.
- T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, Sent. 29 novembre 2017, n. 1473.
- Cons Stato Sez III, Sent. 10 agosto 2016, n 3565.